«La diagnosi consiste nella valutazione di comportamenti e di processi mentali e affettivi anormali, che risultano disadattivi e/o fonte di sofferenza (e cioè di manifestazioni psicopatologiche e di sintomi) attraverso la loro classificazione in un sistema diagnostico riconosciuto e l’individuazione dei meccanismi e dei fattori psicologici che li hanno originati e che li mantengono» (American Psychological Association- APA,  2003).

Al fine di poter definire un processo diagnostico, lo psicologo si avvale del colloquio psicologico e del proprio strumentario psicodiagnostico (test e altri strumenti standardizzati), d’uso esclusivo, per l’analisi del comportamento, dei processi cognitivi e intrapsichici, delle opinioni e degli atteggiamenti, dei bisogni e delle motivazioni, dell’interazione sociale, dell’idoneità psicologica a specifici compiti e condizioni. (CNOP, 2015)

Il processo conoscitivo che chiamiamo “diagnosi” assolve molteplici funzioni e compiti a più livelli (OPRP):

  • conoscenza delle modalità di funzionamento psicologico del soggetto, siano esse normali o patologiche;
  • nel caso in cui sia stata individuata una psicopatologia, categorizzazione delle informazioni, secondo un sistema di classificazione riconosciuto e condiviso dalla comunità scientifica, allo scopo di facilitare la comunicazione fra addetti ai lavori, anche di indirizzo teorico diverso;
  • facilitazione della comunicazione con il paziente;
  • orientamento delle scelte terapeutiche, ovvero la diagnosi come atto preliminare indispensabile per formulare qualsiasi indicazione psicoterapeutica.